E’ una donna dalla corporatura esile e dagli occhi lucenti che nascondono grande sofferenza e forza interiore. Perché Matilde D’Errico, autrice televisiva conosciuta per “Amore Criminale” in onda su Rai 3 dal 2007, ha affrontato e sconfitto un tumore e ogni giorno, per lavoro, spinta da profonda convinzione, si confronta con casi di femminicidio cercando di aiutare le donne vittime di violenza. Una figura che mi ha colpito molto e a cui sono orgogliosa di dedicare lo spazio di questa intervista. Solo chi crede davvero in un progetto può, infatti, apportare un cambiamento, seppur nel lungo periodo.
“Amore Criminale mi ha avvicinata al dolore. Un dolore a cui non mi sono mai abituata davvero e che spesso mi fa sentire inadeguata”, così scrive Matilde nel libro “L’amore criminale” del 2014.
Il programma è attualmente in onda ogni domenica alle ore 21.30 su Rai 3, condotto dall’attrice Veronica Pivetti, al suo esordio in un format di questo tipo. Il suo modo di narrare i tragici episodi con grande coinvolgimento emotivo e delicatezza è stato particolarmente apprezzato dal pubblico.
“Amore criminale” ci ha avvicinati come telespettatori a Matilde D’Errico, al suo mondo interiore, alla profondità delle sue riflessioni. Profondità da cui vengo sempre colpita, soprattutto quando proviene da un ambito che amo profondamente, ma troppo spesso vincolato al mero meccanismo degli ascolti.
Grazie Matilde perché l’aiuto alle donne non deve essere uno slogan, ma concretezza.
Grazie a tutti voi che leggete e scrivete i vostri pensieri in merito alle protagoniste delle interviste, alle loro storie. La più grande vittoria è fare sempre le cose con Amore ed Entusiasmo. Ed ora la parola alla nostra protagonista di oggi:
- Come nasce l’idea di realizzare “Amore Criminale”?
Matilde: L’idea di Amore Criminale nasce nel 2006. Avevo letto un articolo che commentava una ricerca statistica sul numero degli omicidi in famiglia. L’articolo diceva, provocatoriamente, che la famiglia ammazza più della mafia. Mi sono subito documentata e ho scoperto che in Italia il numero delle donne uccise da un uomo era molto alto: una donna ogni 3 giorni. A quel punto ho deciso di studiare, leggere, capire perché l’amore – in alcuni rapporti di coppia – si rovesciava nel suo contrario, la morte. Successivamente ho pensato che questo potesse essere oggetto di una trasmissione televisiva e così ho scritto il progetto di Amore Criminale.
- Quali sono state le principali difficoltà nel proporre un prodotto di questo tipo in una tv nazionale nel 2007?
Matilde: La difficoltà principale è stata quella di far capire che la violenza sulle donne era un’emergenza e meritava una trasmissione dedicata. Oggi, grazie anche ad Amore Criminale, c’è molta più consapevolezza.
- Qual è il target che segue maggiormente un format di questo genere?
Matilde: Sono tante le donne che ci seguono, sono la maggior parte del pubblico. Molti però anche i ragazzi, i giovani.
- Ha mai temuto l’effetto emulazione dei casi presentati in tv in forma di docufiction?
Matilde: Non si può parlare di rischio di emulazione. Allora esiste per qualsiasi film o serie televisiva. Esiste anche per una fiction come quella che ha ricostruito la storia di Lucia Annibali. In realtà con Amore Criminale in ogni puntata passa un forte messaggio di denuncia sociale e di sostegno alle donne. Amore Criminale è una trasmissione di servizio pubblico. Sono tante le donne che scrivono alla nostra redazione e chiedono aiuto.
- I dati sulla violenza sulle donne in Italia sono preoccupanti. Cosa manca e cosa andrebbe potenziato?
Matilde: Le leggi ci sono. Il primo problema è nella loro applicazione. Il secondo è legato alla tutela della donna. Una donna che denuncia in sostanza è scoperta. Ricordo però che un lavoro prezioso lo fanno i Centri Antiviolenza dove le donne possono trovare assistenza legale, psicologica e un luogo dove rifugiarsi anche con i figli in caso di pericolo.
- Nel corso dei suoi incontri nelle scuole ha conosciuto molteplici ragazzi. C’è, tra di loro, la percezione di quello che può essere definito un amore malato, patologico?
Matilde: Gli incontri nelle scuole sono importanti. parlare di violenza di genere ai ragazzi significa fare prevenzione primaria, significa spiegargli che la violenza sulle donne è soprattutto un problema culturale, di mentalità.
- Come reagiscono gli uomini alla sensibilizzazione sul tema e denuncia dei casi che ha presentato nel suo libro e all’interno del programma televisivo di Rai3?
Matilde: Per fortuna l’universo maschile inizia ad essere più consapevole, a farsi delle domande, a collaborare. Non nega più. Solo lavorando insieme, uomini e donne, si può sconfiggere la violenza di genere.
- Quali sono gli step che la sua squadra di lavoro effettua prima di proporre al pubblico una puntata di “Amore Criminale”?
Matilde: Sono tanti. Prima c’è la ricerca e la selezione delle storie, poi l’incontro con le famiglie delle vittime e con le donne sopravvissute, poi lo studio degli atti giudiziari. Come quarto step le interviste, come quinto la scrittura delle ricostruzioni di fiction, come sesto le riprese delle ricostruzioni di fiction e infine, come settimo, il montaggio. Un lavoro lungo, complesso e accurato.
- Un omicidio di donna ogni due giorni. La sensibilizzazione nelle scuole non basta, cosa dovrebbe fare la famiglia?
Matilde: La prevenzione si deve fare soprattutto in famiglia. E’ fondamentale l’esempio dei genitori. Solo se si cresce in un clima di rispetto, s’impara a rispettare l’altro.
- Ricevete 100/150 richieste di aiuto dopo ogni puntata. Come supportate le donne che vi scrivono, le quali vivono una profonda solitudine?
Matilde: Quando riceviamo le varie richieste di aiuto dalle donne che ci scrivono dopo ogni puntata le vagliamo, telefoniamo alle donne e le mettiamo in contatto con il Centro Antiviolenza più vicino al proprio domicilio.
- Come valuta le modalità con cui viene affrontato il tema della violenza sulle donne sulla stampa e in televisione?
Matilde: Viene affrontato in modo discontinuo, a volte frettolosamente, procedendo spesso per luoghi comuni.
- Come si rapporta alla famiglia della vittima che incontra per realizzare ogni puntata?
Matilde: Con discrezione e in punta di piedi. Cerco soprattutto di ascoltare quello che vogliono dirmi. Cerco di accogliere il loro messaggio e trasferirlo nella puntata.
- “A Maurizio che mi ha fatto nascere di nuovo”: la dedica del suo libro “L’amore criminale” è un inno all’amore che rispetta. Che messaggio vuole lanciare alle donne e agli uomini, in modo particolare alle giovani generazioni?
Matilde: Il mio messaggio è di comprendere che l’amore vero lascia liberi. L’amore non ha nulla a che fare con il possesso. Occorre comprendere che l’altro non è di nostra proprietà.
- “Anche i più gravi crimini meritano il perdono”. Lo dice Oscar Wilde e la sigla del suo programma, ma lo pensa anche lei. La sua, infatti, è una formazione da giurista e garantista.
Matilde: Sì. Io sono laureata in Giurisprudenza e la mia formazione è garantista. Occorre che ci sia certezza della pena ma è necessario che la pena, come dice la nostra Costituzione, abbia un fine rieducativo e di reinserimento nella società per l’autore del reato. Significa vivere in un Paese civile.
- Ripensando al suo percorso professionale, c’è qualcosa che non rifarebbe?
Matilde: Rifarei tutto. Ogni cosa mi ha aiutata a crescere e a migliorarmi. Anche gli errori.
- Da chi le piacerebbe fosse condotto il programma in un futuro?
Matilde: Sempre da un’attrice.
- Sul suo profilo Facebook ha raccontato un episodio denso di umanità, di quando è stata soccorsa da due sconosciuti dopo una caduta rovinosa a Torino. Ha scritto: “Potere delle parole, quelle giuste. Col tono giusto”. Quali sono le parole che l’hanno maggiormente sostenuta e spronata nel corso del suo percorso professionale?
Matilde: Sono le parole di chi ha saputo farmi crescere, mi ha spiegato i miei errori, mi ha insegnato il significato delle parole umiltà e rispetto.
- Esattamente un anno fa si è operata per un tumore al seno. In cosa si sente cambiata?
Matilde: Il tumore mi ha permesso di capire meglio me stessa, di crescere, di sfrondare la mia vita dalle cose inutili e dalle persone negative. Approfitto di questa intervista per lanciare un messaggio alle donne: fate i controlli, perché la prevenzione salva la vita. io ne sono l’esempio.
- Esistono ancora formatori nel settore televisivo? Quelli che puntano sui giovani, sulle potenzialità, sulla formazione anche in questo ambito?
Matilde: Sono pochi i veri formatori nel settore televisivo. Non si ha più la pazienza d’insegnare e di far crescere una persona. E i giovani spesso vengono sfruttati economicamente. Si produce con poco budget e tempi sempre insufficienti. Questo non aiuta a far crescere le persone.
- Cos’è per lei l’entusiasmo?
Matilde: L’entusiasmo è la capacità di provare stupore per quello che si vede, apprezzarlo e avere la voglia di raccontarlo.