Ho preso la metropolitana. Devo essere alle 18.30 a Lepanto. Cavalletto in spalla, telecamera. So dove vado e da chi. Non so mai se arriverò. Sono una ragazza di una piccola città a spasso nella Capitale, la città dei miei sogni: Roma.
Adoro tutto di questo luogo e mi sento una bimba che guarda il mondo per la prima volta e per la prima volta si allontana da casa. In effetti, un po’ è così. In due anni e due mesi ho lasciato mio figlio solo due volte, una notte coi nonni e, stavolta, col papà.
Ettore adora addormentarsi con me e io amo l’odore della sua pelle e il suo respiro, il modo in cui chiude gli occhi e sembra stia sognando.
Antonietta mi viene a prendere alla fermata, è leggermente truccata, vestita casual. Mi sento subito a mio agio guardandola negli occhi e, dopo poco, iniziamo a parlare un po’ di noi mentre cerchiamo un luogo all’aperto, tranquillo, dove realizzare l’intervista.
Il vero clic, però, avviene in me quando mi confida, davanti alla telecamera, il suo momento “buio”, durato due anni.
Un periodo pieno di domande, in cui dubbi, sofferenza e contraddizioni interne l’hanno piegata, ma non distrutta. Le hanno dato una convinzione meno superficiale e più profonda delle sue ambizioni. Quando me ne parla, i suoi occhi si velano di lacrime.
Le sento tutte, quelle lacrime che non sgorgano. E sono anche le mie. Le mie lacrime tutte quelle volte che ho messo in discussione i miei sogni, il mio futuro, me stessa. Pensando: “Ma chi te l’ha fatto fare? Sei certa di avere le caratteristiche che il tuo settore (giornalistico) richiede? Ti ci vedi a calpestare gli altri pur di raggiungere i tuoi obiettivi, tu che detesti il conflitto?”
Io e Antonietta, in questo, siamo uguali. Puntiamo il dito contro noi stesse, in primis, analizzando le nostre mancanze.
“Il mondo è cattivo e noi siamo perfette” non sarà MAI il nostro approccio.
“Anna Laura Messeri mi ha messo di fronte a tutti i miei limiti al Teatro Stabile di Genova. Per un anno intero ho pianto dopo ogni lezione. Lei mi ha insegnato che, per fare l’attore, il talento è un in più, il lavoro si fa, quello che conta è il carattere. Nella vita puoi decidere di realizzare tutto, meglio o peggio, ma quello su cui devi lavorare sei tu”. Queste parole di Antonietta (e della Messeri) mi colpiscono profondamente. Sono profondamente vere. Semplici, ma per nulla scontate. Frasi che mi faranno a lungo riflettere.
E del suo compagno, l’attore Lino Guanciale (protagonista delle serie tv “Che Dio ci aiuti”, “L’allieva”, “La porta rossa”, “La dama velata”, per citare le più conosciute), dichiara: “E’ stata la prima persona ad aver visto oltre. Quando ci siamo conosciuti ero un po’ burbera e molto insicura. Mi ha dato il coraggio di provare a fare questo mestiere, con le sue convinzioni che mi sembravano pure, come le mie, anche se può apparire come un sogno l’idea di cambiare il mondo con il teatro”.
E mi spiega di come l’onda della fama abbia toccato il suo fidanzato e la coppia, ma non li abbia travolti.
Giovedì 7 giugno, intanto, andrà in onda l’ultima puntata di “M”, programma ideato da Michele Santoro in forma di fiction, realizzato per la Rai, che la vede tra i protagonisti nel ruolo di Silvia Saluzzi. Una grande opportunità per Antonietta, partita dall'”Estate Ragazzi” del Bearzi e ora attrice sempre più richiesta a Roma da un certo tipo di format e cinema, di qualità.
Ma è quando mi parla dei ragazzi a cui impartisce lezioni di recitazione che gli occhi di Antonietta si illuminano di più. Mi legge alcuni loro messaggi. Si commuove. Ed io non vedo più Antonietta Bello, vedo solo Antonietta. Una donna simile a me.