Da piccola guardavo quella “scatola parlante” davanti a me, ballavo, raccontavo “Il gatto con gli stivali”, inventavo storie di amori travagliati tra bambole e bambolotti. Poi ho iniziato a recitare le poesie ai compleanni dei parenti e in famiglia.
Mi incuriosiva molto come si potesse arrivare a così tante persone attraverso quello strumento, far divertire le persone.
Sono cresciuta con quell’occhio curioso verso la televisione e, ancora oggi, so tutto di tutti, cosa facevano i conduttori prima, se sono giornalisti o meno, da dove vengono e perché sono là.
Negli anni la tv ha perso il fascino di contenitore per sperimentare e innovare, intrattenere con fantasia ed è diventato il luogo dove far sfilare una sequela di persone di cui ci scorderemo domani, trattati un po’ come casi umani.
Primo parametro necessario per apparire: avere una tragedia alle spalle, cercare di ricucire rapporti con familiari per anni assenti, dire per la prima volta “ti voglio bene” a un genitore, rivelare le corna in mondovisione.
Credo che ci siano tantissimi validi professionisti, tra conduttori e autori, ma mi domando perché si parli sempre poco delle emozioni senza questo pietismo di facciata, perché non si insegnino le emozioni ai nostri ragazzi senza aizzarli ad augurarsi la morte tra tifoserie a distanza di Tizio o Caio.
La tv attuale non rappresenta altro se non l’individualismo che guarda al prossimo per utilizzarlo e poi buttarlo come un gioco vecchio.
Si dà spazio a persone disposte a calpestare la propria dignità, a inventarsi amori, a rinnegare amici per un minuto di visibilità.
Si promuove il degrado come modello.
Il numero di followers prende il posto della gavetta e della credibilità.
Si cerca il “sangue”, si vuole la rissa a ogni costo, salvo poi fingersi costernati e punire chi ha meno “santi in paradiso” in virtù della necessità di dare un esempio che dura, però, pochi secondi.
E chi si distanzia da questo modo di operare viene visto come fumo negli occhi…perché non fa ascolti oppure, semplicemente, non ha neppure il tempo per provarci.
Da amante della televisione, che ne indaga ogni dettaglio e curiosità, mi domando perché non si provi a fare altro, per arrivare davvero a tutti, per lanciare messaggi anche positivi.
La positività viene, forse, ritenuta noiosa?
Il cambiamento, però, è frutto del lento e, spesso, logorante impegno delle persone.
Io credo in quelle persone, perché ogni settore ha il proprio “cigno nero”, ha solo bisogno di investire in qualcosa di nuovo. Credo in chi esprime il suo parere, in chi rischia invece di tacere sempre.
Auspico che la tv del futuro rispecchi un mondo che sogno migliore. E ognuno di noi, anche a livello comunicativo, è, in parte, responsabile di questo cambiamento.
(Foto pre-pandemia: Andrea Tomasin)